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Partisan

Vincent Cassel è Gregori, un uomo che nel tempo, si è creato il suo microcosmo. In tempi e luoghi imprecisati infatti Gregori è riuscito a riunire a sé molte donne distrutte da una guerra e con esse ha generato tantissimi figli.

Figli che rappresentano il suo piccolo esercito personale e che, grazie alle sue bugie e alle sue regole ferree di padre padrone, lui manda a uccidere vari bersagli come dei veri e propri killer prezzolati.

Fra tutti il suo preferito è Alexander, interpretato dall’esordiente Jeremy Chabriel. Il bambino dimostra curiosità e intelligenza e proprio a causa di queste spiccate caratteristiche può rappresentare un pericolo per il regno che Gregori si è costruito tanto difficilmente.
Gregori infatti guida e istruisce il ragazzino ma a poco a poco Alexander pone sempre più domande e si interroga sul significato vero delle sue missioni.

Anche il regista è un esordiente e in questo caso si tratta di Ariel Kleiman che riesce a giocare sulle atmosfere del non detto e su un mondo che rappresenta metafora. Partisan offre allo spettatore infatti tantissimi spunti di riflessione. Una favola moderna che pone quesiti etici a pioggia ma non offre in alcun modo alcuna risposta.

Tutto si gioca sull’ambiguità e l’ambivalenza, con atmosfere quasi da documentario post bellico. Gregori ad esempio per i suoi figli è una guida giusta con principi morali molto solidi ma allo stesso tempo li manda a compiere degli assassinii su commissione.

Mente pur di salvaguardare la sua oasi di pace e serenità in un mondo divorato dalla guerra, ma a che prezzo? Partisan assume quindi anche i contorni favolistici dove tutto diventa relativo, anche il concetto di giustizia.

Un film che ha guadagnato numerosi riconoscimenti al Sundance e che rappresenta un esordio acerbo e velleitario forse ma comunque solido e godibile.

Voto: 8

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