Vergine Giurata
Vergine Giurata è uno splendido film sulla condizione delle donne, relegate a una posizione infima ancora oggi in molte parti del mondo.
In queste circostanze il dominio maschile è totalizzante e assoluto e le donne possono solamente subire in religioso silenzio.
Il film racconta la realtà molto particolare delle montagne albanesi, in cui vige il codice molto rigido di rapporto tra ceti definito Kanun.
Una scrittrice, Elvira Dones, ne ha raccontato in un romanzo (Vergine giurata, Feltrinelli) da cui la documentarista Laura Bispuri e la sua cosceneggiatrice Francesca Manieri hanno tratto un film dallo stesso titolo, interpretato da Alba Rohrwacher e Flonja Kodheli.
Una ragazza rimane sola e viene accolta in casa da una famiglia in maniera molto amorevole. Ha anche una sorella adottiva.
Le rigide regole sociali però le stanno strette e quindi decide di diventare maschio e farsi chiamare Mark.
Il Kanun lo prevede e quindi in questo modo può smarcarsi da tali regole e vivere una nuova vita.
Ritorna poi dopo molti anni a Bolzano e ritrova la sorella che si è sposata nel frattempo e ha avuto una bambina. Il rapporto si rinsalda e Mark ritorna ad essere una donna a tutti gli effetti.
Il film alterna lo ieri albanese e l’oggi bolzanino, seguendo il suo personaggio con rispetto e trovando in Alba Rohrwacher l’attrice ideale, perfettamente cosciente della natura, complessità e durezza del suo personaggio.
Laura Bispuri dimostra una sensibilità e un talento personale raro anche tra le poche registe italiane, condizionate quasi sempre dai modelli narrativi, molto maschili, di quel cinema “ufficiale” e centrale, che potremmo anche chiamare romano, e della televisione.
Segue il filo logico di una narrazione che evoca e spiega, e che pone Hana/Mark di fronte alle contraddizioni di una società urbana e moderna, senza però concedere nulla alla denuncia facile, al moralismo e al confronto dogmatico noi/loro. La regista si dimostra tale nell’invenzione di piccole situazioni che accennano, suggeriscono, e a volte propongono stacchi molto netti in direzione di una lettura più profonda, non dichiarata, ma che sta allo spettatore cogliere nella loro allusività.
Voto: 8.5