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Una donna per la vita

Portiere d’albergo preciso e regolare Maurizio sta insieme ad una compagna instabile, umorale e inaffidabile che è causa continua dei suoi mali. Deciso a lasciarla, dopo un incidente in macchina nel quale sfiora la morte, se ne separa. In quel momento incontra Nadine, chiropratica bella e, forse, pronta ad amarlo. Almeno se l’assillante presenza della sua ex e i disastri che con lei si accompagnano lo lasceranno mai in pace.
Nato artisticamente nella musica, fiorito a teatro e reso noto al grande pubblico dalla fortunata collaborazione con Vincenzo Salemme, Maurizio Casagrande da tempo è diventato attore per il grande schermo e in seguito autore teatrale, ora passa anche al cinema come regista e sceneggiatore. Il suo esordio è però uno dei più sconfortanti della stagione. Una donna per la vita è una commedia girata senza personalità e senza controllo, in cui la messa in scena non è sempre coerente, il racconto non scorre per nulla in maniera fluida e si sente l’assenza di una visione unica e decisa di un regista. Più volte lungo il film infatti si ha l’idea di essere di fronte all’accostamento di diverse gag, il cui ordine o intensità potrebbe anche essere scambiato e poco muterebbe per la comprensione dei fatti, dei personaggi e delle situazioni.
Costellato di nomi noti in parti più o meno grandi (da Neri Marcorè a Giobbe Covatta, da Alena Seredova a Maurizio Mattioli fino allo stesso Vincenzo Salemme) il primo film di Maurizio Casagrande fa il minor sforzo possibile per integrare la moltitudine di personaggi in una narrazione coerente e sensata. Come se la potenza delle gag dovesse da sola compiere il miracolo del racconto, il film si affida tutto ad esse, all’intercalare del protagonista (previsto in ogni momento), allo slapstick e ai prevedibili risvolti. Tuttavia non solo le gag non riescono ad amalgamare i circa 100 minuti di pellicola, ma sono anche stanche e ripetitive, intinte nel già visto e uccise dall’essere state già sentite.
Non giovano in questo senso nemmeno le aspirazioni postmoderne del film che in più momenti sembra voler citare o replicare alcune note sequenze (clamoroso il tentativo di rifare l’interrogatorio iniziale di Blade Runner), finendo però per mettere in scena soltanto i propri limiti.

Voto: 8

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