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Dragon’s Crown

Quanti soldi avete speso da piccoli in sala giochi? Quanto erano leggeri i vostri portamonete dopo una visita nella landa dei cabinati? Forse nel bel paese gli arcade non sono mai stati diffusi come in altre zone del mondo, ma quasi certamente molti di voi in gioventù hanno bruciato centinaia di monetine nel regno dello stick e del game over facile. Impossibile resistere, dopotutto, davanti a titoli del calibro di Teenage Mutant Ninja TurtlesCadillacs and Dinosaurs, o ai due Dungeons & Dragons, tutti impeccabili beat ‘em up a scorrimento congegnati per divertire a non finire e mangiare gettoni senza pietà. Il genere però non è invecchiato propriamente alla grande. C’è chi ha provato a riportarlo agli antichi fasti, c’è chi ha cercato di innovarlo, e c’è persino chi ha pensato bene di modificarlo alla base aggiungendo una terza dimensione per ampliarne le possibilità. Sono riusciti in pochi nel compito, vuoi per una struttura fortemente correlata ai cabinati, vuoi perché non è facile migliorare giochi che fanno della loro intuitività e semplicità un grande punto di forza. Tra i coraggiosi vanno sicuramente annoverati i Vanillaware, maestri nipponici degli action game bidimensionali guidati da Kamitani, la cui mano ha influito pesantemente sullo sviluppo di molti titoli storici di questa tipologia. Lo studio giapponese ha dimostrato costantemente il suo talento negli anni, grazie a lavori dal gameplay solidissimo e a un’art direction stratosferica e inconfondibile (stando al buon Kamitani il team è composto praticamente al 90% da sviluppatori che sono anche artisti e grafici esperti). Oggi ritorna in grande stile con Dragon’s Crown, un’opera che ha fatto discutere molto per le sue formose donzelle, ma che andrebbe principalmente osservato per ben altre caratteristiche. Vuole difatti rappresentare un passo in avanti per i picchiaduro a scorrimento, un’evoluzione e un seguito spirituale di quel Shadow Over Mystara che secondo noi (e molti altri) rappresenta una delle vette più alte mai raggiunte nel campo. Saranno riusciti nell’impresa?  Sarà anche un hack ‘n’ slash in 2D, ma Dragon’s Crown inserisce il giocatore in una ambientazione fantasy legata a una specifica trama. In pratica vestirete i panni di un avventuriero, impegnato a racimolare fortune in un mondo pieno di insidie e pericolosi mostri. Il re del luogo in cui il nostro eroe si trova è sparito da tempo dopo essere andato alla ricerca della misteriosa Corona del Drago, un possente artefatto magico che si dice sia in grado di controllare i lucertoloni più pericolosi dell’universo. Con il regno nel caos per la sparizione del suo sovrano, vi troverete ben presto coinvolti in una serie di eventi critici, che vi porteranno ad avere a che fare proprio con la mistica corona che dà il nome al gioco.   Come intuibile, non è certo la più originale delle storie, e per tutta la campagna si percepisce chiaramente come il suo unico scopo sia spingere il giocatore ad affrontare i vari dungeon e labirinti disponibili. Qualche colpo di scena comunque c’è, e in generale la narrativa fa esattamente ciò che deve fare: porta ad avanzare e contestualizza l’azione, almeno per la prima run. Il punto focale è chiaramente il gameplay, che riesce incredibilmente a riportare alla mente il passato, nonostante un gran numero di chicche e mutamenti alla formula. Si parte innanzitutto con la scelta di un personaggio tra sei diverse classi: Mago, Incantatrice, Guerriero, Nano, Amazzone ed Elfa. Selezionare una classe non porta al cambiamento di semplici combo basilari, ma modifica completamente il gameplay, offrendo al giocatore un gran numero di poteri e mosse uniche, e un sistema di sviluppo delle skill dedicato. Come prevedibile, i personaggi specializzati nel combattimento corpo a corpo risultano molto più accessibili rispetto ai due caster e alla ranger elfa, visto che questi tre sono costretti a ricaricare saltuariamente delle risorse dedicate per utilizzare i loro poteri e non sono altrettanto resistenti ai colpi dei nemici. Nel caso dei due caster dovrete tenere d’occhio il mana, mentre l’elfa avrà un quantitativo limitato di frecce a disposizione, recuperabili dai nemici o dalle casse sparse nelle mappe. Per applicare al meglio le abilità delle varie classi al sistema di combattimento, i Vanillaware hanno deciso di sfruttare attacchi basati su input complessi legati al tempo di pressione e alla direzione dell’analogico. In base a come sposterete la levetta sinistra e a quanto terrete premuto il tasto dedicato agli attacchi base o ai poteri speciali, otterrete vari effetti: il mago evocherà potenti tempeste, proiettili sferici multipli o attacchi protettivi ad area, il nano prenderà il nemico e lo lancerà come un sacco di patate, il guerriero potrà sfruttare attacchi multipli aerei e assalti difensivi con lo scudo, e così via. E’ un sistema all’apparenza basilare, ma non privo di numerose finezze. Dovete infatti sapere che sarà possibile eseguire anche manovre avanzate che permettono di schivare senza finestre di recupero, salti tripli con la possibilità di tornare a terra quasi all’istante, e parecchie mosse combinate devastanti se usate col giusto tempismo. Si tratta dunque di un combat system già molto più complesso rispetto agli altri esponenti del genere, ma va persino ad ampliarsi quando si prendono in considerazione le succitate skill di classe e la presenza di numerosi elementi gdr, tra cui un loot system abbastanza approfondito.

Ogni professione salirà di livello a forza di eliminare nemici e accumulare punteggio nelle missioni (più alto il punteggio, maggiore l’esperienza ottenuta a fine livello). Una volta sentito il ding, potrete dirigervi nella gilda degli avventurieri e apprendere una serie di skill passive comuni, o varie abilità uniche. Che si parli di gadget nanici o misteri arcani, ogni skill è equipaggiabile in un comodo inventario, e utilizzabile in battaglia con i tasti direzionali o un comodo sistema di hotkey settabili a piacere. Considerando che sono presenti anche oggetti magici attivi e pozioni molto utili, la scelta degli utensili da portare nello zaino acquista una notevole importanza durante la campagna, e può modificare sensibilmente lo stile di gioco. Aggiungete all’equazione la possibilità di cambiare i poteri dei caster utilizzando vari tipi di bastoni elementali, e otterrete un quadretto tutt’altro che scarno, capace di rendere ogni classe scelta soddisfacente e piacevolissima da usare.  Non finisce qui! Durante le varie missioni troverete infatti anche vari segreti, e avrete a disposizione una mano fluttuante con cui attivare delle rune magiche scolpite nei muri, capaci di donare bonus passivi e di svelare vie alternative, o indirizzare il vostro compare Ronnie, un abilissimo ladro capace di aprire porte e forzieri. In base al caso e al numero di avventurieri in gioco il livello dei tesori trovati salirà, donandovi armi sempre più efficaci. Inizialmente le missioni saranno piuttosto lineari, con poche deviazioni spesso concentrate in singole stanze con forzieri extra, ma dopo un certo punto sarete in grado di affrontare veri e propri boss alternativi in ogni zona. Parlando di boss, questi sono il fiore all’occhiello di Dragon’s Crown. Si tratta di battaglie epiche, spesso brillanti e ricche di elementi interattivi da sfruttare o condizioni e pattern da studiare accuratamente per trionfare. Più si avanza e più spettacolari tali scontri diventano, senza contare che, al di fuori delle boss fight, i livelli contano un gran numero di nemici aggressivi e variegati, e non rischiano di annoiare praticamente mai. Il sistema di combattimento è dunque di altissimo livello, lo abbiamo precisato a dovere. La sua unica pecca forse è il calcolo non perfetto dei tasti utilizzati, come la necessità di tenere premuto l’attacco per scattare, ma sono inezie a cui si fa presto l’abitudine. Tutto si innalza ulteriormente, in ogni caso, quando si gioca in compagnia. Da bravo successore di Shadow over MystaraDragon’s Crown è in fin dei conti un gioco pensato per essere apprezzato con amici, online o direttamente sul divano. Potrete semplicemente livellare più personaggi durante la stessa sessione e far partecipare un conoscente alla vostra partita passandogli un altro pad, o buttarvi nelle partite online, casuali o con giocatori della vostra friend list, per affrontare mostri e demoni vari in modo più coordinato e adrenalinico. A favorire l’avventura di gruppo ci pensa poi un curioso bonus al loot e all’esperienza, che aumenta costantemente a forza di missioni consecutive e obbliga a munirsi di più zaini, per via del consumo graduale delle armi. Mancano lobby precise che permettano di scegliere i livelli, ma il netcode ci è sembrato stabilissimo anche con la versione americana del gioco e il matchmaking è parso affidabile, il che lascia certamente ben presagire per l’uscita europea. In mancanza di rete è possibile riportare in vita ossa trovate nelle varie zone, per ottenere compagni guidati dall’IA, ma purtroppo la CPU è estremamente stupida, e la sua efficacia risulta molto limitata. Il difetto è particolarmente evidente in zone con trappole, dove i vostri compari si tufferanno prontamente su ogni elemento dannoso del paesaggio, quasi facendo a gara a chi si ammazza prima. La difficoltà in normal non è particolarmente elevata, persino giocando con classi pensate per essere dei cannoni di vetro, ma Dragon’s Crown ha una struttura ciclica, simile a quella diDiablo, che vi porterà a finire più volte la sua campagna per ottenere i livelli di sfida maggiori. La difficoltà hard e quella inferno vanno sbloccate, e una volta affrontate alzano il level cap, proponendo boss e mostri nettamente potenziati, e persino dotati di nuovi pattern in alcuni casi. Questa forma della campagna offre molte ore di gioco per i veterani, ma è un modo un po’ forzato di aumentare la longevità, e alla lunga potrebbe venire un po’ a noia ai meno appassionati. Forse però è solo la qualità dei boss e delle ambientazioni a farci lamentare. Alcuni scontri sono talmente ben congegnati da portarci a volere di più. Artisticamente Dragon’s Crown è da applausi. I Vanillaware sono luminari della grafica bidimensionale, capaci di dipingere un mondo vibrante e magnificamente caratterizzato, e personaggi tanto esagerati quanto difficili da dimenticare. Vero, per certi versi le polemiche legate all’immaginario un po’ spinto del buon Kamitani colpiscono nel segno, non mancano fanciulle in abiti succinti o forme femminili portate all’eccesso, ma va anche notato come questo eccesso sia unisex, e qualunque figura, maschile o femminile che sia, venga resa quasi caricaturale nel gioco. Vedrete guerrieri con muscoli in posti dove i muscoli non dovrebbero esistere, Maghe che non potrebbero fare sub neanche volendo, e tutta una serie di mostri giganteschi dotati di fauci e artigli di ogni tipo. Il bello è che tutto sembrerà sempre perfettamente al suo posto.Da lodare anche le animazioni, fluide e riuscite, e gli effetti particellari, molto spettacolari. Nelle battaglie di gruppo l’azione può farsi un tantinello confusionaria, ma in generale non è difficile rendersi conto di dov’è il proprio personaggio. Ottimo infine il sonoro, con musiche orecchiabili e un narratore fisso che svela le vicende senza stufare.Se avete consumato i polpastrelli sui cabinati in gioventù, Dragon’s Crown vi farà tornare bambini. Poi il bimbo felice che c’è in voi si spegnerà lentamente, e in tutto il suo splendore vi comparirà davanti uno dei migliori picchiaduro a scorrimento di sempre. Un’opera capace di mantenere tutte le caratteristiche migliori del genere, e di ampliarle e limarle a dismisura, proponendo una formula complessa e intuitiva al tempo stesso, che non mancherà di esaltare appassionati e non. Per chi è ancora vittima del fattore nostalgia questo titolo è indubbiamente un capolavoro, capace di rubare dozzine e dozzine di ore al vostro tempo libero. Per tutti gli altri forse non avrà lo stesso impatto, ma è comunque il miglior gioco Vanillaware in circolazione, e resta un prodotto perfetto per divertirsi in compagnia. E tutto senza monetine da spendere.

 

VOTO: 9.5

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